Una notte, per la stanchezza, continuavo a ballare. Odiavo quelle canzoni, ma il cuore saltava, camminava così velocemente da saltare fuori dalle rotaie. Urlava tanto da coprirne la musica. E un po’ piangeva, come i bambini fanno quando i compagni gli rubano i giochi.
Mi coprivo di corpi, che credevo avrei amato per sempre e lasciavo morire tra le lenzuola quell’irrequietezza.
Pensavo ogni volta a quelle risate, ne sentivo i colpi. Guardavo. E vedevo quell’unico infinito abbraccio. Gli ridavo la vita.
Lascia un commento